Capita di fare errori nella vita. Scelte sbagliate. Di contro va riconosciuto cosa effettivamente quantifichi un errore in quanto tale. Spesso dietro quest’ultimo si nasconde semplicemente la capacità di un uomo di andare oltre un suo limite, di andare incontro all’ignoto. Una visione che può far pensare a qualcosa di estremamente speciale. Ma non è così. Perfino scegliere un tipo di pizza differente dal solito ci mette di fronte ad una necessaria novità che, per definizione, non possiamo precedentemente valutare. Testare. Un salto nel vuoto. Ecco che l’accogliere il nuovo diventa sinonimo di paura.

Paura di ciò che va contro la norma. La nostra idea di norma. La dicotomia tra il diverso e il normale viaggia su una linea sottile formata da gusti e sensazioni. Entrambi diversi per ogni individuo. Un piede messo in maniera errata e si cade in una delle due dimensioni. Ruolo centrale lo gioca la volontà, quella forza che spinge a trasformare un apparente passo sbagliato in un deciso cambio di rotta. Questa è la storia recente della Juventus, fatta di scelte sbagliate, forse, anche costose, necessariamente, rischiose, sempre. Perché Chi lascia la via vecchia per quella nuova sa quel che perde e non quel che trova, ma a far sempre la stessa strada ci si annoia parecchio.
Juventus, questione di (costose) scelte sbagliate: Ronaldo come introduzione al nuovo mondo

In casa Juventus si va contro la normale periodizzazione della storia. Quest’ultima prende come riferimento importanti eventi della storia, anche se ammette visioni differenti, per classificare le diverse epoche della stessa. Dal 476 d.C. ad esempio vediamo l’Inizio della storia antica, contingentemente alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Al 1492 e alla scoperta dell’America associamo l’inizio della storia moderna e all’anno 1789 associamo l’inizio della storia contemporanea con la Rivoluzione francese. Allo stesso modo, l’inizio di una lunga serie di difficoltà per la Juventus – spesso legate l’una all’altra – lo colleghiamo all’acquisto di Cristiano Ronaldo.
Avanti e dopo Cristiano

Tra le mura della Continassa a.C. e d.C. sono acronimi di avanti e dopo Cristiano. Al di là della semplice ironia c’è un concetto esterno da considerare. Cristiano Ronaldo proietta da solo, in 3 anni, la Juventus all’interno di un nuovo mondo. Un po’ come l’America per Cristoforo Colombo, il continente era di fatto già abitato, conosciuto, perciò, più che scoperto. La Vecchia Signora in 10 anni passa dalla Serie B al dominio in Italia e la finale di Champions League in Europa. Quest’ultima non più conquistata dal lontano 1996. Serviva andare oltre, serviva quel salto di qualità definitivo, serviva CR7. Il portoghese fa conoscere anche in quel di Torino quello che era solito masticare a Madrid: il tutto subito.
Ronaldo comporta responsabilità

Con l’innesto del 5 volte Pallone d’Oro e altrettante volte campione europeo con il proprio club – a testimonianza della grandezza di un fenomeno – cambia l’assetto strategico oltre che tattico della squadra. La Juventus in quel periodo è già grande e non necessità più di giovani promesse o nuovi giocatori di talento che la rendano tale. Quest’ultimi lasciano spazio ad affermati campioni (o così considerati) per confermare quello status. Il calcio, tuttavia, è tutto fuorché una scienza esatta ed è quando la realtà non supera le aspettative, o quanto meno le eguaglia, che nascono le difficoltà.

Si tratta comunque di un rischio preventivabile laddove si parla di operazioni di tale portata. Erroneo a dir poco sarebbe considerare l’inserimento in pianta stabile in squadra di Cristiano Ronaldo come un problema da risolvere. Altresì una grande risorsa. Forse la stessa Juventus non era ancora pronta ad accogliere questa risorsa, ad accogliere il nuovo. Ad oggi tanti acquisti fatti nel triennio durante Ronaldo per andare incontro alla filosofia dell’ora o mai più non vestono più la maglia bianconera. Segno che qualche errore necessariamente è stato commesso.
Juventus, questione di (costose) scelte sbagliate: Allegri-bis

Allegri chiede calma, quante volte si è sentita da parte di ogni cronista questa frase durante le partite della Juventus? Quasi un marchio di fabbrica per il tecnico toscano. Rappresenta in un qualche modo la sua filosofia di calcio: cinica, pragmatica, risultatista. La bellezza di quest’ultima parola è sconcertante. Inesistente nel vocabolario italiano e a dir poco atipica anche a livello fonetico. Nonostante ciò, assume una grande importanza nel mondo del calcio. Testimonianza dell’impronta lasciata da forti personalità come quella del mister livornese o di Josè Mourinho, a cui è riconosciuta la stessa caratteristica. Quasi un complimento, sicuramente non dal punto di vista di chiunque.

Che Massimiliano Allegri abbia tanti estimatori quanti detrattori non è un mistero e forse è giusto così, è l’amaro destino di tutti i vincenti. Da poco più di un anno a questa parte, però, tra tutti gli aggettivi a lui affibbiati quest’ultimo non caratterizza più al meglio l’ex conquistatore di 5 scudetti consecutivi più trofei nazionali. Un’involuzione improvvisa, pare impossibile. Il punto più basso toccato nella scorsa annata coincide con la fine della stessa, nessun titolo portato a casa nonostante tutte le competizioni a disposizione, un’ovvia grande delusione dopo 10 anni di successi.

Parte da qui il periodo buio che fino a inizio stagione la squadra di Allegri ha attraversato, dal ritorno di quest’ultimo. Attenzione, non si tratta di addossare le colpe al tecnico toscano, si nota però, come, nonostante le difficoltà evidenziate, le precedenti gestioni per mano di Sarri e Pirlo avessero comunque portato ad aggiornare la bacheca. Max è il più esperto tra loro, il miglior gestore, il più vincente e la Juventus lo ha richiamato alla base proprio per queste ragioni. Cosa c’è quindi che non torna?
Una doppia prospettiva

In questa speciale sede analizziamo ogni possibile dimensione dell’errore. Nasce perciò una doppia prospettiva. Abbiamo ricordato che lo stesso mister ex Milan veniva da un dominio incontrastato in Italia con la Juventus, in seguito fu la stessa società bianconera a voler fare un passo oltre lui. Al di là del risultato per abbracciare lo spettacolo, la bellezza del gioco. Tuttavia, per un top club non c’è bellezza senza vittoria. Ecco perché fu abbandonato il progetto Pirlo poco clamore hanno fatto, probabilmente ingiustamente, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana conquistate dal “Maestro”. Il suo anno fu considerato di transizione e, per la Vecchia Signora, esigente, vale a dire un anno perso.

Precedentemente fu allontanato anche Maurizio Sarri che sì vinse lo scudetto ma ciò non escluse alcune frizioni di ignota entità – confermate dagli stessi giocatori – all’interno dello spogliatoio. Si fa marcia indietro, si fa mea culpa e torna Massimiliano Allegri. L’obiettivo diventa quello di tornare a vincere il campionato di Serie A quanto prima e riaffermarsi in patria. Nuovamente le aspettative non riflettono gli effettivi risultati. Come detto, zero titoli, che fare a questo punto? Sarebbe un errore ripartire nuovamente da zero. Dove sta la progettualità? Qual è dunque l’errore? Esonerare Allegri in partenza? Richiamarlo? O non credere nei progetti causanti questi due eventi? In ogni caso non si scappa.
Juventus, questione di (costose) scelte sbagliate: Vlahovic salvatore della patria

A gennaio 2021, la Continassa accoglie un giovane prospetto, nei suoi piedi tante energie, nei suoi occhi tanta determinazione. Capello, ex allenatore tra le altre di Milan, Roma e Juventus, perciò non proprio l’ultimo degli arrivati, l’ha definito come uno dei migliori in Serie A nel suo ruolo. Parliamo di Dusan Vlahovic, serbo, soli 23 anni, professione bomber. Nonostante l’apprezzato elogio il 9 bianconero non si è mai adagiato sugli allori: l’ex Fiorentina è arrivato a Torino come ragazzo e, sempre nel capoluogo piemontese, è diventato uomo. Cosa comporta tutto ciò? Una buona dose di responsabilità. Allegri e l’ormai ex dirigenza della Juventus gliene hanno affidate tante.

Emblematiche le parole di Arrivabene: “Con l’ingresso di Vlahovic, Dybala non è più al centro del progetto”, spodestato l’idolo indiscusso dei tifosi bianconeri da più di sette anni. Il serbo diventa il nuovo volto della Vecchia Signora. Fin da subito Dusan è entrato negli schemi pensati da mister Allegri, d’altronde ci ha messo solo 13 minuti a segnare il suo primo gol bianconero alla sua prima gara ufficiale con i nuovi colori, all’Allianz Stadium, davanti ai suoi tifosi, contro il Verona dell’ex Tudor. La partita si è poi conclusa 2-0 con il secondo gol, sempre all’esordio di Zakaria. Tanto per fare un parallelo, quello stesso anno ma nel girone di andata, sempre contro i veronesi, la Juventus due gol li ha subiti.

Quella fu una partita che più di tutte portò a galla tutti i problemi realizzativi della squadra di Allegri, ribaltata la situazione. Con il serbo in campo Madama cambia fisionomia: fondamentale non solo in zona gol, combatte in mezzo al campo, protegge palla, fa salire la squadra e funge da punto di riferimento per tutti i compagni. Il prototipo dell’attaccante moderno. Non da meno nel giorno dell’esordio in Champions League, il classe 2000, perché ogni tanto è bene rimarcarlo, mette a segno il primo pallone toccato dopo soli 33 secondi, è storia. Le qualità di Vlahovic non si discutono. Per la Juve, però, il suo innesto ha rappresentato un nuovo azzardo. Nuovo, certo, perché negli ultimi anni ce ne sono stati diversi da parte della dirigenza bianconera che ha visto tanti, troppi, investimenti flop.
Vlahovic come rimedio

Va ricordato che azzardo non è necessariamente preludio di errore. In questo caso, infatti, l’errore è precedente. Il 9 fu una mossa obbligata, quasi disperata. Nelle settimane precedenti alla sua firma risuonò perentorio il malcontento per un Milan-Juventus conclusosi con un alquanto noioso 0-0 in quel di San Siro. Quasi un ossimoro. Per tutto il girone di andata di quel campionato non risultò mai abbastanza l’apporto in fase offensiva di Morata, Kean e Dybala, sostituire Cristiano Ronaldo non è problema di certo indifferente. Altri 75 milioni spesi ed ulteriori rimedi lampo ad altrettanti errori di valutazione. Insomma, il serbo è senza ombra di dubbio un grande giocatore, la serie di eventi che ha portato al suo acquisto, tuttavia, fa discutere.